I nomi che sono sulla bocca di tutti per indicare le strade e le località del IV Miglio segnano la storia della zona. Già il nome del quartiere al Quarto Miglio Appio fa riferimento alla Via Appia Antica e indica esattamente la distanza dal Campidoglio, punto di riferimento per tutte le strade dell’Impero romano.
Alla fine del II sec d.C. esisteva lungo il tratto “nostro” della Via Appia Antica una vasta borgata che dal IV Miliario della strada dove era sorta prendeva il nome di ad Quartum.
La Via Appia che segue un confine “naturale” della nostra zona, aveva stazioni di servizio pubbliche per alloggio e cambio di cavalli. L’importanza di traffici che si svolgevano lungo di essa richiamò un’attività edilizia spesso esuberante. E non erano solo sepolcri ma singole abitazioni e ville lussuose che si alternavano a templi, borghi sacri, villaggi re borgate, impianti termali, ecc, fino alle tombe e alle basiliche dei Martiri cristiani.
Il tratto di strada Quarto Miglio della Via Appia Antica fa parte di quello scavato e sistemato dal Canova nel secolo scorso, che per primo volle lasciare i pezzi archeologici sul luogo stesso del ritrovamento, come testimonianza storica. Per questo motivo possiamo riferire i nomi a noi familiari di molte delle nostre vie a punti ben precisi che hanno il loro corrispondente in un luogo o in un cimelio antico della Via Appia.
Potremmo dire subito che IV Miglio Appio è sempre stato considerato fuori della città di Roma, l’inizio dell’Agro Romano. Ne è prova il fatto che lungo l’Appia Pignatelli, a sinistra per chi viene da Roma, esiste uno dei più bei gioielli dell’architettura romana, il tempio del dio Redicolo, il dio del Ritorno (da “redeco”). Quando un romano lasciava, percorrendo l’Appia, la sua città, da questo luogo salutava l’ultima vista delle mura, augurandosi il ritorno; o, ne salutava la prima vista e ne ringraziava il dio. Altri dicono che proprio in questo luogo Annibale sarebbe stato persuaso a non assaltare Roma e a tornare sui suoi passi.
Nel 1904 don Orione chiese al papa Pio X di poter fondare una Missione nella Patagonia. La risposta fu che i suoi frati uscissero da Porta San Giovanni, e li facessero sorgere la loro missione.
Sono battute dell’inizio del nostro secolo. Di fatto è semplicemente spaventosa una descrizione del quartiere Appio di quel tempo. Si parla di “formicolaio di analfabeti, di cave di pozzolana divenute rifugio alle intemperie, di tuguri e baracche.
L’Appia viene presentata “ingombra del traffico ai Castelli Romani sulla quale correvano indifferenti le carrozze dirette alle Capannelle nei giorni delle corse; e bettole e bettole, nelle quali si svuotavano fiaschi di vino e si divoravano immani piatti di pastasciutta…” Andando indietro con gli anni qualche altro documento è più benevolo verso la nostra zona. Siamo nel 1714. Viene proposta ai Padri Cistercensi la erezione di una nuova parrocchia con sede nel “monastero di San Sebastiano”, “dove li detti Padri Cistercensi potranno assistere con ogni carità alli bisogni spirituali dei Vignaroli, Contadini, ed altri abitanti nelle medesime campagne”, “dove gli abitanti sono pochi e poveri; i fedeli obbligati a portare i loro bambini a battezzare al fonte unico di San Giovanni dopo un lungo e scomodissimo viaggio”.
I contadini della nuova parrocchia erano così espressi: “abbiamo diviso nel miglior dei modi e dismembrando dalla parrocchia lateranense, Vigne, Casali, Poderi ed altri luoghi di tal fatta, abitati e inabitati fuori Porta Capena cioè di San Sebastiano incominciando dal ruscello o piccolo fiume dell’Acqua detta comunemente ‘la Marrana di Acquataccio’ vicino la Chiesa chiamata del ‘Domine quo vadis’, così che il corso della stessa acqua, d’ora in avanti, sia il confine della parrocchia Lateranense e di questa nuova parrocchia di S. Sebastiano, la quale da destra di coloro che vengono dalla predetta Porta alla lodata Chiesa di S. Sebastiano. si estenda fino ai confini della Parrocchia di San Paolo fuori le mura; da sinistra invece fino alla palude falla quale nasce lo stesso piccolo fiume; indi per linea retta dalla stessa palude fino a metà della strada che passa tra le due vie pubbliche, quella cioè che porta a Marino e l’altra ad Albano, e per questa via si arriva alla Torre chiamata di Mezza Via di Albano inclusa; di poi, dal lato destro, parimenti venendo da Roma, fino al Casale detto di Torricola incluso e fino all’altro Casale detto volgarmente Vigna Murata compresa e sino agli altri confini della parrocchia di San Paolo”.
Nel 1826 la Parrocchia di S. Sebastiano viene affidata ai francescani. Riportiamo una scaletta che segna le parrocchie sorte in seguito nel territorio ora descritto:
- Nel 1919 – viene eretta la Parrocchia di Ognissanti;
- nel 1926 – quella di San Benedetto Abate;
- nel 1930 – San Francesco Saverio alla Garbatella;
- nel 1932 – Maria SS. del Divino Amore;
- nel 1935 – la parrocchia della SS. Annunziata; nello stesso anno, il primo marzo, veniva eretta anche la parrocchia di San Tarcisio, affidata ai frati francescani.
Il territorio si estendeva da via dell’Almone fino alle Capannelle di Marino, sempre lungo la via Appia Nuova. Su questo territorio attualmente esistono quattro parrocchie, S. Ignazio allo Statuario, Santo Stefano a Torre Fiscale, Santa Barbara alle Capannelle e S. Tarcisio.
È ovvio che la storia del nostro territorio si inserisce e coincide con la storia delle Parrocchie. E per venire a noi, segniamo come data importante il giorno 10 aprile 1927; è la domenica delle Palme, viene aperta al culto pubblico la prima Chiesetta dedicata al Martire romano della Eucaristia San Tarcisio tra via Palazzolo e via Galloro. I Frati di Via Merulana vengono a celebrarvi la Messa nei giorni di festa.
Prima che sorgesse questa chiesetta la località del Quarto Miglio era quasi sconosciuta e abbandonata. Tra l’Uva di Roma (Villa Malaguti) e l’Appia Pignatelli (Villa Parini) esisteva una piccola cooperativa di casette ad un piano con terrazzo: erano queste a dare l’impressione che il territorio fosse abitato. E’ sempre intorno a questa data (1927) che risale, anche la costruzione di baracche di legno adibite a scuole elementari dall’Ente Scuola Rurale, ancora visibili in via Galloro.
Nel 1930, la bonifica dell’Agro Romano interessò la zona dell’Oliveto, come attesta l’iscrizione posta nella Casa Cantoniera in via Appia Pignatelli. Nel 1932 gli abitanti di questa zona ebbero una gradita sorpresa: il Governatore di Roma denominava questa località ‘Borgata di San Tarcisio’.
Qui iniziano le prime note di cronaca: segnano, possiamo dirlo, il nascere di un interesse comune di questi abitanti che conoscevano, forse solo se stessi e il piccolo ciondolo di terra dove essi trascorrevano la giornata e la vita.
[ fonte www.santarcisio.org ]