Lite con pugni al corteo funebre “Abbiamo fretta”: coppia di automobilisti inveisce contro i parenti del morto
La bara, portata a spalla, procedeva lentamente verso la parrocchia di San Tarcisio, a Quarto Miglio
Aveva trent’anni Angelo, “un ragazzo bello come il sole che allenava i bambini al campo di pallone”. Quello che lo accompagna verso la parrocchia di San Tarcisio, dove l’intera borgata lo aspetta per l’ultimo saluto, e’un corteo mestissimo. Una macchina scura ravvivata da decine di corone di fiori. I giovani che portano a braccia la bara di legno chiaro sono gli amici piu’stretti. Per giorni hanno vegliato insonni la sua agonia.
Nel traffico che aspetta immobile il silenzio e’assoluto. Ma qualcuno ha fretta: un uomo alla guida di una Fiat “Punto” di colore scuro perde la calma, preme la mano sul clacson deciso a farsi largo tra la folla. Due occhi gonfi lasciano il feretro, inchiodano quelli dell’automobilista impaziente. “E la mamma del defunto”, spiega qualcuno. Ma l’appello alla comprensione, se non all’umana pieta’, cade nel vuoto. “E cosa me ne frega a me che tuo figlo e’morto? – tuona l’uomo – Io devo passare”. I ragazzi hanno un fremito di rabbia. La bara barcolla. “Angelo cade”, scongiurano i parenti. Ora a gridare e’la donna che siede accanto al guidatore. Lancia frasi ingiuriose. E troppo. Gli amici non ci vedono piu’. Il piu’alto, il piu’robusto del gruppo lascia cadere in terra il cuscino di fiori e colpisce con un pugno il tetto dell’auto. Un finestrino va in frantumi, una scheggia ferisce al viso l’automobilista. Volano insulti, calci. Sono le 9.30 di ieri mattina in via Annia Regilla, la strada che taglia in due il popoloso Quarto Miglio, passaggio obbligato per tanti lavoratori che dall’Appia Nuova raggiungono i ministeri dell’Eur. Cinque minuti di paura e angoscia, il dolore dei familiari esasperato oltre ogni limite. Poi i vigili urbani riescono a riportare la calma e la borgata si stringe attorno alla bara di Angelo.
“Vi denunciamo tutti” inveiscono i due, prima di dirigersi verso la sede dei carabinieri di via Galloro. “Sono venuti verso le dieci per formulare la querela. conferma il militare di turno.. Erano madre e figlio. La donna era sconvolta, lui aveva un cerotto sulla guancia”. Il quartiere di palazzine basse, cresciute ai margini della via Appia Antica, e’sotto choc. “Era appena passata la bara quando quelli si sono messi a strillare. La donna sembrava un’indemoniata”, dice una ragazza dietro il bancone di un bar. “E successo proprio di fronte al mio negozio. racconta Adele Minelli, proprietaria della merceria Le griffe.. La gente li voleva linciare. Ma bisogna capirli, a quel ragazzo volevano bene tutti”. “Ma scherziamo?. commenta il calzolaio di via Annia Regilla.. Se anche fosse stato un vecchio di cent’anni, la morte va rispettata. Si erano fermati perfino gli autobus, e quei due dovevano passare per forza”. Il signor Domenico, titolare di un’officina a pochi metri dalla casa del ragazzo morto, non sa darsi pace: “Portavo la corona e ho visto quella macchina che voleva farsi largo con prepotenza. Sono volate parole grosse. E come poteva essere diversamente? Quest’estate gli amici di Angelo sono rimasti a Roma per assisterlo”. Sono le tre del pomeriggio. Di fronte allo Snack Gaetano i ragazzi non parlano d’altro. “E partito come un razzo e ha dato un pugno sul tetto. dice uno.. I vetri sono schizzati dappertutto”. E un altro: “Dovevano cappottare l’auto. Se non arrivavano le guardie li avrebbero ammazzati”.
Guerzoni Monica
Pagina 46
(28 settembre 1995) – Corriere della Sera