Domenica 15 dicembre il Parco Archeologico dell’Appia Antica presenterà al pubblico la nuova sistemazione del giardino del Complesso di Capo di Bove.
L’inaugurazione si apre alle ore 11:00, con la presentazione dei lavori appena conclusi da parte dei progettisti Arch. Simone Ferretti e Arch. Gabriele Maria Guarrera. L’intervento, parte del progetto URBS. Dalla città alla Campagna Romana, ha previsto un riadattamento dell’area esterna del Complesso, con il restauro del giardino e arricchimento delle componenti vegetali; il rifacimento dei percorsi esistenti per una migliore accessibilità; la riorganizzazione dell’esposizione permanente dei reperti archeologici presenti con la realizzazione di un percorso espositivo all’aperto; la revisione, l’adeguamento e il miglioramento impianti esistenti.
A seguire, alle 11:30 si terrà nella splendida sala conferenze la conversazione-concerto del Trio Haydn, composto da Ayami Asari (violino), Cinzia Carrisi (violoncello), Luca Zanella (pianoforte), con adattamento delle composizioni musicali di Gabriel Fauré, compositore francese nel periodo che intercorre tra l’esaurimento della musica tardo-romantica e lo sviluppo di quella impressionista, nei primi del Novecento.
Programma
Ore 11:00 – Inaugurazione del giardino e visita guidata
Ore 11:30 – Conversazione-concerto del Trio Haydn
Scaletta:
Gabriel Fauré – Pavane (trascrizione di H. Busser per pianoforte ed archi)
Gabriel Fauré – En priere (trascrizione per pianoforte ed archi)
Gabriel Fauré – Cantique de Racine (trascrizione di H. Busser per pianoforte ed archi)
Gabriel Fauré – Au bord dans l’eau (trascrizione per pianoforte ed archi)
Gabriel Fauré – Trio in re minore op. 120 per violino, violoncello e pianoforte Allegro ma non troppo, Andantino, Allegro vivo
Gabriel Fauré – Claire de lune (trascrizione per pianoforte ed archi)
Gabriel Fauré – Aprés une reve (trascrizione per pianoforte ed archi)
L’ingresso è gratuito e non richiede prenotazione.
Il biglietto gratuito “Inaugurazione del giardino di Capo di Bove e concerto del Trio Haydn” può essere scaricato:
- online sul sito Musei Italiani
- da telefono con la app Musei Italiani disponibile su Google Play e su App Store
- il giorno stesso dai totem posizionati all’ingresso del sito
Vita e musica di Gabriel Flauré
Maestro di molti giovani compositori, quali Florent Schmitt, Enescu, Roger Ducasse, Casella e Ravel, Gabriel Flauré si schierò con Debussy e con lo stesso Ravel, audaci innovatori della musica francese, suscitando la vivace reazione dei conservatori Dubois e Thomas, succedutisi prima della sua nomina alla direzione del Conservatorio di Parigi. Nel 1905 chiamato ad occupare il posto di direttore del Conservatorio di Parigi, Fauré svecchiò i programmi di studio e mise in atto una serie di riforme per dare agli allievi una educazione musicale di livello superiore.
La sua opera non ha alcunché di rivoluzionario, come quella di Debussy e non crea un nuovo stile musicale, ma estendendosi dal 1870 al 1922, in un arco di tempo di oltre cinquant’anni, risente di una evoluzione continua e raggiunge soprattutto nella musica pianistica e in quella da camera livelli altissimi di genialità e di originalità. Chiarezza ed eleganza di linguaggio, purezza della forma, delicatezza espressiva, fantasia elegiaca e gusto per l’intimità dell’emozione sono i tratti salienti della musica di Fauré. Nella musica da camera, in particolare, riesce ad esprimere in modo efficace il malinconico intimismo melodico che caratterizza l’anima più profonda del suo carattere.
Tra i numerosi pezzi cameristici ci rimangono due Sonate per violino e pianoforte, due Sonate per violoncello e pianoforte, due Quartetti per pianoforte ed archi,un Quintetto per pianoforte ed archi, un Trio per violino, violoncello e pianoforte e un Quartetto per archi, considerato il suo testamento spirituale.
Vladimir Jankélévitch filosofo e musicologo francese di origine ebraica, è lo studioso che ha colto nei suoi saggi con maggiore acume gli aspetti più innovativi e interessanti dell’opera di Gabriel Fauré. L’approccio di Jankélévitch all’opera di Fauré non si allinea ad una classica analisi musicale, ma si rivolge direttamente alla materia sonora: nella Musica e l’ineffabile, mette in discussione i luoghi comuni dell’interpretazione musicale e tutte le ingerenze extramusicali.
Per tutto l’arco della sua vita il luogo privilegiato della creatività di Fauré è la melodia per canto e pianoforte, nell’ambito della tradizione melodica francese estranea alla cultura romantico-tedesca del Lied. In questo contesto formale Fauré segue la sua vocazione naturale creando un suono astratto ed immateriale, vincolato alla pura emozione e all’evanescenza di paesaggi indeterminati: una visione sopra-sensibile che si colloca in una zona di confine tra l’impercettibile ed il soprannaturale. Questa posizione allontana Fauré dall’approccio debussyano, che è concentrato sulle più sottili vibrazioni sensoriali e non sublima questa molteplicità ad un livello emozionale e spirituale.
Nella musica di Gabriel Fauré c’è un indicibile desiderio di cose inesistenti, che ha espressione privilegiata nella dimensione notturna. La notte diventa un momento onirico, di indeterminazione delle forme, liberate dalla gravità della materia: assente dal soggetto e dall’oggetto, lo charme vive in un alibi perpetuo, un‘ambiguità che si esprime attraverso la musica. L’evento sonoro esiste in un preciso istante, quello dell’imponderabile, del mistero e “del non so che” e il silenzio diviene una dimensione di conoscenza.
Jankélévitch sostiene che Fauré manifesta immediatamente l’originalità di uno stile che si rinnova continuamente e lascia presagire sin dall’inizio elementi che saranno essenziali nel suo linguaggio: le vicende esterne non hanno alcun condizionamento sul suo modo di scrivere e la sua caratteristica impronta musicale si rende riconoscibile anche dopo l’ascolto di poche battute.
La scrittura di Fauré non attua una rivoluzione nel modo di scrivere, ma un’evoluzione all’interno del sistema tonale avviandone il lento processo di disintegrazione. La novità di Fauré non riguarda tanto il fatto di sperimentare nuovi linguaggi, quanto quella di creare una commistione tra sistemi già esistenti abolendo la dicotomia tra tonalità e modalità: il compositore si serve della struttura tonale inserendovi dei sistemi modali di tradizione liturgica. L’aver inserito una struttura compositiva in un nuovo contesto di riferimento, crea delle varianti musicali e questa sperimentazione porta Fauré a raggiungere una singolare sintesi tra modale e tonale. La sua ricerca non mira ad una soddisfazione sensoriale, come per Debussy, ma si dirige verso la trasposizione in un ordine superiore, rispetto al mondo effimero della sensazione.
Nell’evoluzione del linguaggio faureano sono determinanti il trattamento della modulazione e l’organizzazione formale della melodia.
La modulazione è un aspetto che Fauré non valorizza, poiché non si allontana mai troppo dalla tonalità di partenza, e la melodia si trasforma in qualcosa di ininterrotto: una melodia continua. La linea melodica diventa un flusso continuo di situazioni nuove, mai uguali a sé stesse, che disegnano ogni volta imprevedibili arabeschi sonori.
Gli sviluppi armonici e melodici non sono mai bruschi, ma si distinguono sempre per una disinvolta naturalezza, un’armoniosa eleganza e ricercatezza. Uno degli elementi più suggestivi e personali del linguaggio di Fauré è l’arte della modulazione: il senso della modulazione va al di là della sua funzione architettonica, fino a modificare il colore di una frase o il suo carattere espressivo. La modulazione avviene sia per toni vicini, utilizzando la relazione tra dominante, sottodominante e toni relativi della tonalità d’impianto, sia per toni lontani attraverso salti improvvisi.
Le tonalità usate da Fauré, ricche di bemolli e diesis, consentono di aprire un nuovo orizzonte sonoro, senza alcuna percezione di fastidio da parte di chi ascolta e con naturale inconsapevolezza nonostante i tortuosi percorsi modulativi.
La fluidità della musica di Fauré è ottenuta con un’eguale condivisione delle difficoltà tecniche tra le parti e dalla regolarità del ritmo. L’aspetto ambiguo della sua musica, fa emergere l’astuzia di un grande simulatore, poiché gli espedienti ritmici, armonici e melodici, creano una falsa sensazione di abbandono e d’indifferenza, che nasconde invece una lucida consapevolezza. Tutti questi elementi producono nell’ascoltatore un forte effetto persuasivo, che agisce inconsapevolmente sulla sua immaginazione: la musica di Fauré ha una singolare valenza psicologica, agisce ad un livello inconscio che non è gestibile dall’ascoltatore e Maurice Ravel sosteneva che la costruzione melodica di Fauré “non è oggetto di un atto volontario, ma si sviluppa spontaneamente, come se la materia sonora disegnasse naturalmente un destino che si crea man mano”.
Il Trio in re minore opera 120, dedicato a madame Rouvier, fu composto tra il 1922 e il 1923, pubblicato da Durand nel 1923, ed eseguito per la prima volta nel maggio del 1923 nella sala della Società Nazionale della Musica di Parigi.
Si apre con un Allegro ma non troppo contraddistinto da una omogeneità di scrittura e da una semplicità melodica e tematica. I due strumenti ad arco, sostenuti dal continuo arpeggiare del pianoforte, si impongono per la loro linea classicheggiante, ma ricca di audaci progressioni, nel contesto di un dialogo fatto di timbri oltre che di spunti melodici.
L’Andantino è costruito in forma tripartita, con l’aggiunta di una coda. Si basa su due temi, il primo in tonalità maggiore e il secondo in minore, con una ricerca più accentuatamente cromatica. Nella parte centrale il pianoforte espande la sua cantabilità espressiva, immediatamente ripresa dal violino e dal violoncello con un lungo fraseggio ad ottave.
L’Allegro vivo finale inizia con un gioco di alternanze fra i due archi e il pianoforte, che sfocia nella enunciazione del brillante e vivace primo tema del movimento. I continui mutamenti di tonalità conferiscono a quest’ultimo tempo un carattere di fresca e spigliata verve musicale.
Bibliografia:
Vladimir Jankélévitch “Debussy e il mistero” SE 1949
Vladimir Jankélévitch “Ravel” SE 1959
Vladimir Jankélévitch “Gabriel Fauré et ses melodies” Plon 1938
Vladimir Jankélévitch “Gabriel Fauré et l’inexprimable” Plon 1992
Vladimir Jankélévitch “La musica e l’ineffabile” Bompiani 1998
Jean Michel Nectoux “Fauré, le voci del chiaroscuro” EDT 2004
B.Smallman “The piano trio” Clarenford Oxford 1999
Christoper D. Steele “Tonal and formal blurring in Fauré’s piano trio op.120“N. Carolina Un.2012
Flavio Testi “La Parigi musicale del primo novecento” EDT 2003
Francois R. de Tranchefort”Guide de la musique de chambre” Fayard 1989
Christian Turcotte “Gabriel Fauré et portishead: l’art de l’equivoque” Montreal University 2016
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