Il 18 aprile 1485 in un terreno del convento di Santa Maria Nuova, sulla via Appia, oltre il mausoleo di Cecilia Metella, all’interno di un monumento funerario fu ritrovato da alcuni muratori lombardi un sarcofago marmoreo ermeticamente chiuso. Nel sarcofago si trovava, conservato miracolosamente con un aspetto vitale, grazie a una particolare mistura, il corpo di una giovane fanciulla tra i 12 e i 15 anni, il cui nome era indicato in un’epigrafe come «Julia filia Claudi». Aveva i capelli sostenuti da una specie di cuffia o benda, occhi e bocca leggermente aperti, denti bianchi, colorito vivo, guance carnose e le membra ancora mobili.
La fanciulla fu esposta pubblicamente sul Campidoglio nei giorni successivi, e suscitò grandissimo scalpore, non solo a Roma ma anche in regioni lontane. L’esposizione generò un vero e proprio pellegrinaggio, fino a che, divenuta nera a causa dell’effetto dell’aria, venne segretamente sotterrata fuori di Porta Pinciana.
L’ordine di seppellirla fu dato da Innocenzo VIII, per il quale era divenuto increscioso il culto quasi pagano nei suoi confronti.
Di quell’evento scrisse l’umanista Bartolomeo da Fonte al suo amico Sassetti.
“Mi hai pregato di dirti qualcosa sul corpo di donna trovato di recente presso la Via Appia. Spero soltanto che la mia penna sia in grado di descrivere la bellezza e il fascino di quel corpo. Se non ci fosse la testimonianza di tutta Roma il fatto sembrerebbe incredibile…Nei pressi della sesta pietra miliare dell’Appia, alcuni operai, in cerca d’una cava di marmo, avevano appena estratto un gran blocco quando improvvisamente sprofondarono in una volta a tegole profonda dodici piedi. Rinvennero colà un sarcofago di marmo. Apertolo, vi trovarono un corpo disposto bocconi, coperto d’una sostanza alta due dita, grassa e profumata. Rimossa la crosta odorosa a cominciare dalla testa, apparve loro un volto di così limpido pallore da far sembrare che la fanciulla fosse stata sepolta quel giorno. I lunghi capelli neri aderivano ancora al cranio, erano spartiti e annodati come si conviene a una giovane, e raccolti in una reticella di seta e oro.
Orecchie minuscole, fronte bassa, sopraccigli neri, infine occhi di forma singolare sotto le cui palpebre si scorgeva ancora la cornea. Persino le narici erano ancora intatte e sì morbide da vibrare al semplice contatto di un dito. Le labbra rosse, socchiuse, i denti piccoli e bianchi, la lingua scarlatta sin vicino al palato. Guance, mento, nuca e collo sembravano palpitare. Le braccia scendevano intatte dalle spalle, sì che, volendo, avresti, potuto muoverle. Le unghie aderivano ancora saldamente alle splendide, lunghe dita delle mani distese; anche se avessi tentato non saresti riuscito a staccarle. Petto, ventre e grembo, erano invece compressi da un lato, e dopo l’asportazione della crosta aromatica si decomposero. Il dorso, i fianchi e il deretano avevano invece conservato i loro contorni e le forme meravigliose, così come le cosce e le gambe che in vita avevano sicuramente presentato pregi anche maggiori del viso. In breve, deve essersi trattato della fanciulla più bella, di nobile schiatta, del periodo in cui Roma era al massimo splendore.
Purtroppo il maestoso monumento sopra la cripta è andato distrutto molti secoli or sono senza che sia rimasta neanche un’iscrizione. Anche il sarcofago non porta alcun segno: non conosciamo né il nome della fanciulla, né la sua origine, né la sua età.”
Disegno originale accluso nella lettera di Bartolomeo della Fonte a Francesco Sassetti, maggio 1485.
Collezione Prof. B.Ashmole, Oxford
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