La specie Toumeyella parvicornis (Cockerell) (Hemiptera: Coccidae), nota anche come cocciniglia tartaruga del pino, segnalata in Italia per la prima volta nel 2015, sta contribuendo al declino e alla mortalità del pino domestico (Pinus pinea) in tutto il Paese, in particolare nelle aree urbane. Questo insetto non era mai stato registrato sul pino domestico fino alla sua introduzione in Italia. La specie, infatti, è originaria della zona sud-orientale del Nord America dove però viene indicata raramente come insetto dannoso.
I primi segni della presenza di un’infestazione di T. parvicornis possono essere osservati all’inizio della primavera quando la prima generazione inizia a nutrirsi. Le cocciniglie espellono enormi quantità di melata che può conferire al pino un aspetto lucido, in particolare sulla corteccia. In seguito, spesse muffe fuligginose si sviluppano sulla melata facendo assumere alla corteccia e agli aghi un colore nero intenso, ricoprendo di fumaggine nera anche il terreno sottostante le piante colpite. A causa dell’attacco si manifestano ingiallimenti e perdite degli aghi, a cui segue un declino generale della salute dell’albero, fino alla morte della pianta.
Il rilievo e il monitoraggio di questa specie sono molto difficoltosi sui pini maturi a causa dell’altezza degli alberi (spesso 15-20 m) e dell’assenza di rami o aghi disponibili per l’ispezione alla base dell’albero.
L’Ufficio Verde e Paesaggio ha costituito una task force per il censimento e lo studio delle essenze colpite da questo parassita consultando esperti agronomi e confrontandosi con i tecnici del Parco Regionale dell’Appia Antica al fine di fissare un piano di azioni di lotta e prevenzione per la tutela dei pini. Il territorio del Parco è sottoposto a particolari norme per la tutela ambientale e pertanto le azioni di contenimento devono tendere al controllo naturale, agevolando l’azione di potenziali nemici naturali indigeni, tenuto conto che non si può fare ricorso all’introduzione di parassitoidi specifici e tipici dei luoghi di origine poiché in Italia vige il divieto assoluto di introdurre e ripopolare in natura specie e popolazioni non autoctone.
Nella valutazione dell’opportunità di eseguire trattamenti fitosanitari si è tenuto conto dei limiti tossicologici e sanitari che possono sussistere, in quanto molti pini si trovano a ridosso o nelle vicinanze di luoghi sensibili, quali abitazioni private, vie di transito o esercizi pubblici.
Sulla base della sperimentazione effettuata ai giardini del Vaticano e al Circo Massimo e degli studi commissionati da EUR spa all’Università Federico II di Napoli, i risultati più incoraggianti sono stati riscontrati con il ricorso all’endoterapia, in particolare somministrando l’abamectina. Si tratta di un insetticida che una volta iniettato nel tronco delle piante, viene ingerito dalla cocciniglia tartaruga, provocandone la morte. L’ 88,5% dei pini malati che sono stati trattati con questo prodotto, hanno manifestato netti segnali di miglioramento. L’endoterapia è promettente nell’abbattere le popolazioni della cocciniglia a densità tali da permettere ai pini di recuperare capacità vegetative.
Gli studi hanno evidenziato la necessità di anticipare la data del trattamento endoterapico a marzo, cioè prima che arrivi la primavera. Per uccidere i parassiti prima che giunga la loro stagione riproduttiva. I trattamenti endoterapici, restando limitati al sistema linfatico interno della pianta, hanno un bassissimo impatto sull’ambiente esterno. Gli interventi possono essere realizzati con diverse tecniche. L’Ufficio Verde e Paesaggio ha eseguito una ricerca di mercato per individuare le tecnologie più efficaci, sostenibili ed economiche per intervenire sui 620 pini che rientrano nel suo patrimonio arboreo. Sulla base dei risultati della ricerca si è passati alla fase di sperimentazione di una tecnologia a basso impatto ambientale e a ridotto impiego di manodopera che consente interventi rapidi ed efficaci su grandi estensioni di piante: l’abamectina e il fluido veicolante necessario ad assicurarne l’assimilazione da parte della pianta vengono inserite in una capsula a pressione che viene applicata ad un ago opportunamente conficcato nel tronco. La pressione fissata e costante assicura l’assorbimento corretto da parte della pianta. La quantità totale del principio attivo è assicurata dal passo (distanza) di applicazione delle capsule che stabilisce una corrispondenza tra la dimensione (circonferenza del tronco) della pianta ed il suo fabbisogno.
Le capsule, una volta esaurita la soluzione, vengono ritirate ed inviate al produttore che provvede a rigenerarle eliminando sprechi e materiali di risulta: un processo chiuso che garantisce la massima tutela dell’ambiente. Successivamente al trattamento, è previsto l’avvio di un’attività di monitoraggio degli effetti e della permanenza del principio attivo, al fine di garantire la migliore difesa dei pini da nuovi attacchi. Gli esemplari più compromessi e quelli deceduti saranno presto integrati con nuove piantumazioni.
Il verde dell’Appia è un grande protagonista di questo paesaggio unico al mondo!
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