Spuntano come funghi ovunque, incuranti di sorgere in pieno centro abitato, vicino a scuole e asili, nei pressi di parchi gioco e ospedali. E’ l’antennopoli romana, ormai fuori controllo: secondo il coordinamento dei comitati romani contro l’elettrosmog, Roma, con i suoi oltre 3mila impianti, è la capitale d’Europa di ripetitori per telefonia mobile.
A favorire la deregulation nel settore, un decreto dell’ex ministro Gasparri, oltre all’inerzia degli enti locali che non si sono dotati di un piano regolatore. Per installare un impianto, basta trovare l’accordo con i proprietari dell’edificio, di solito pagando un affitto di 4 o 5mila euro al mese, e presentare una Dichiarazione di inizio attività (Dia). Il Comune invia tutto al Municipio, che esprime parere non vincolante e informa la cittadinanza per darle modo di presentare le proprie obiezioni entro il termine dei 90 giorni dopo il quale scatta il meccanismo del silenzio assenso. E non sempre i Municipi sono lesti e trasparenti.
Così dal boom dei cellulari a oggi, si è assistito a una proliferazione, oltre che di impianti, di comitati che si battono strenuamente contro la loro installazione. A Monte Mario parte nel 2003 la protesta contro le antenne e i tralicci che assediano la scuola materna Leopardi, a meno di 50 metri di distanza. Il monitoraggio dell’Arpa nella zona è fermo da due anni. A Quarto Miglio, Municipio X, sono state raccolte più di 700 firme contro l’installazione di un’antenna della Vodafone in via Ferentano. ‹‹Sorgerà in una via centrale del quartiere, su un edificio all’altezza delle finestre circostanti. E soprattutto sarebbe il sesto impianto di telefonia mobile della zona›› spiega Stefano Crivelli del comitato di zona Quarto Miglio.
Anche nei Municipi IV e XV sono molte le proteste contro l’installazione selvaggia. Ma è nel XIII che troviamo una delle situazioni più disperate, seconda solo a quella di Roma Nord con le sue antenne radio vaticane. In via Capitan Casella c’è un condominio che è stato ribattezzato “reparto oncologico”: su 11 persone che ci vivono, 6 sono state colpite da tumore o leucemia e due di loro sono morte. Si trova a una manciata di metri dalla torretta Acea, il punto più alto di Ostia, su cui a fine anni ’90 sono state installate ben 24 antenne.
E il “reparto oncologico” non è l’unica palazzina a soffrire, spiega il presidente del comitato Parco della Vittoria Alessandra Perlusz: ‹‹Solo a luglio 2011 in via Capitan Casella ci sono stati 7 casi di tumori e leucemie fulminanti; anche in via del Lido ci sono vari casi, quattro in un solo palazzo. Ormai la letteratura sull’argomento è nutrita, si sa che le onde elettromagnetiche fanno male. E qui l’incidenza è molto alta››.
Oggi le antenne sulla torretta sono 9: in seguito a un accordo voluto dal sindaco Veltroni nel 2007,15 sono state tolte, ma poco conta. L’accordo prevedeva lo smantellamento di tutte le antenneentro due anni e un monitoraggio dell’Arpa che non viene effettuato. Sempre a Ostia Levantesono state raccolte 600 firme contro l’antenna recentemente installata in piazza Sagona, a meno di 50 metri da una scuola materna e accanto all’hotel La Riva, che di antenne sul tetto ne ha già sei.
I comitati trovano sponda nel consigliere comunale Gemma Azuni (Sel), che ha preso a cuore la questione e sta preparando una delibera in merito. Secondo la Azuni ‹‹la procedura attuale è carente, al primo posto deve esserci la tutela della salute dei cittadini››. Questi i capisaldi della sua proposta: una procedura più chiara, che inserisca la figura del Rup; controlli dell’Arpa prima della Dia; coinvolgimento del Dipartimento Tutela Ambiente; costituzione di un piano regolatore; censimento degli impianti già installati e rimozione di quelli non idonei.
La proposta ricalca la delibera di iniziativa popolare del coordinamento dei comitati romani contro l’elettrosmog, che giace in Campidoglio dal 2005. Nel frattempo i comitati possono esultare: il Governo ha cancellato dal decreto sviluppo e dal ddl semplificazioni due norme che avrebbero acuito la deregulation, innalzando i limiti di emissione e imponendo la servitù coattiva ai proprietari degli edifici.
Davide Lombardi
[ via CinqueGiorni.it ]